martedì 27 giugno 2017

CHE DISGRAZIA, SE NON CI FOSSE IL FANTASTICO

Ho simpatia e stima per Edoardo Boncinelli per cui, quando ho visto che aveva pubblicato un articolo intitolato Contro il fantasy (La lettura, 25/6/2017), mi sono compiaciuto perché a me il fantasy, diciamo la verità, mi è sempre stato sullo stomaco. Ho un pregiudizio di fondo, lo confesso, ma le saghe di elfi e altri esserini magici, ambientate in società primitive, pretecnologiche, dominate da angosciose monarchie assolutistiche mi hanno sempre lasciato freddo e un po’ annoiato. Se anche Boncinelli mi sostiene in questa mia idiosincrasia, mi son detto, forse riuscirò a convincermi che sono nel giusto e che il mio non è un pregiudizio, per l’appunto.
Purtroppo non è andata così. Dopo un inizio brillante, e dopo aver giustamente distinto la fantasy dalla fantascienza, dove “gli eventi rispettano sempre un filo di coerenza tecnico-scientifica”, lo scienziato Boncinelli ha preso il sopravvento e si è lanciato in un’apostrofe che finisce per mescolare fantasy e fantastico in un giudizio estremamente negativo che, lo dico sommessamente, mi risulta poco convincente.
“Nelle storie fantasy”, argomenta Boncinelli, “tutto è magia, ovvero il contrario della scienza, in un crescendo di inverosimiglianza”. E continua dicendo che probabilmente questo rappresenta il massimo dell’evasione, e arriva a dire che il magico costituisce l’emblema del disimpegno e della deresponsabilizzazione, le stesse istanze che hanno portato il romanticismo a disintegrare l’illuminismo. La conclusione ha toni apocalittici, perché per Boncinelli non è difficile “trovare un nesso tra tutto questo e il dilagare del ricorso alle medicine alternative (…) e all’imperversare del complottismo come spiegazione degli eventi più diversi”.
Ora, è vero che una potente ventata di irrazionalismo ha colpito i nostri tempi, dal rifiuto dei vaccini alle scie chimiche, per passare, appunto, per i complotti più stravaganti e finire col ritenuto falso allunaggio del ’69. Ma attribuire la colpa di tutto questo alla letteratura fantastica mi sembra decisamente esagerato: non sarà invece il portato del sapere “disintermediato” che caratterizza la diffusione dell’informazione in rete? Perché la letteratura che è “tutto il contrario della scienza” non è intrattenimento irrazionale, ma un potente strumento per parlare della realtà con altri  mezzi. Basta pensare a cosa perderemmo se Poe non avesse scritto i suoi racconti fantastici, che cosa sarebbe il mondo senza Kafka, come potremmo vivere senza i poco razionali viaggi in ippogrifo di Ariosto, senza la magia del Prospero di Shakespeare, dei viaggi di Alice;  e non dimentichiamolo, del Pinocchio di Collodi.
Il fantastico ha le sue radici nei miti dell’antichità, si è sviluppato nei grandi poemi epici e ha continuato ad avere ampio spazio nel racconto e nelle fiabe popolari, per arrivare poi a maturazione col romanzo gotico e il romanticismo tedesco. E’ dunque quasi connaturato con la produzione narrativa e non è solo un modello letterario legittimo, ma vorrei dire quasi necessario.
Senza il fantastico la letteratura sarebbe soltanto realistica, e questo vorrebbe dire una drammatica rinuncia a immaginare, a confrontarci con universi diversi dal nostro, a sforzarci di trovare una logica anche dove apparentemente non c’è. Anche se si trattasse soltanto di un gioco, ricordo che Calvino sosteneva che il gioco è il grande motore della cultura; e anche della scienza, aggiungo io, e Boncinelli non potrà negarlo.
Né mi spaventa che i ragazzi delle ultime generazioni si siano formati sui racconti di Harry Potter. Che male c’è? Intere generazioni si sono costruite un universo di riferimento tra i pirati della Malesia (mai esistiti), negli improbabili viaggi del capitano Nemo, tra le straordinarie avventure raccontate da H.G.Wells; e non sono diventati né fanatici delle medicine alternative (almeno non tutti) né complottisti irriducibili.
Il fantastico è necessario perché noi siamo fatti di ragione e di emozione, di coscienza e di inconscio,di cultura e di pulsioni. E la letteratura fantastica, più o meno bella, racconta da sempre questa complessità, in modo allo volte allusivo, alle volte simbolico, alle volte pescando nei nostri sogni più reconditi. Ma serve, serve non a farci diventare disimpegnati e deresponsabilizzati, ma a sviluppare coscienza di sé.

Quando la bella bambina dai capelli turchini fa venire al capezzale del burattino tre medici, un barbagianni, un corvo e un grillo, che diagnosticano che “se il burattino non è morto è segno che è ancora vivo”, per poi lasciare spazio ai coniglioni con la loro piccola bara che si porterebbero via Pinocchio se non prendesse la medicina siamo, certo, nell’irrazionale più profondo. Ma quante cose ci dice, dopo averci intrattenuto e fatto ridere, quel passo. Che disgrazia, mamma mia, che disgrazia, se non esistesse la letteratura fantastica. 

                                                                                                   (Da "L'IMMAGINAZIONE, n. 301)

Nessun commento:

Posta un commento